Un pomeriggio d'agosto a Cuna

Un pomeriggio a Cuna


Salire a Cuna un sabato d’agosto in un pomeriggio caldo e assolato, più adatto ad un tuffo in piscina o al pisolino nei boschi di Vallombrosa.

Ma l’occasione è ghiotta: andare di persona a calpestare quelle vigne del Casentino dove, quasi per miracolo, nasce un Pinot Nero con la P maiuscola, di quelli che ti fanno sobbalzare sulla sedia e subito dopo, sgranare gli occhi nell’udirne la provenienza.

I vini di Cuna I vini di Cuna


Il luogo natìo rispecchia in pieno la semplicità e spartanità di chi abita il Casentino: un’aia dove il vicinato si riunisce a veglia, un fienile in pietra da finire di sistemare che al pian terreno accoglie una cantina così minuscola che si fa fatica ad immaginarla in pieno subbuglio in epoca di vendemmia. Al piano superiore una doppia stanza, travi e pietre, con un piccolo tavolo di quelli da merende nell’aia a fichi e prosciutto: è il tavolo dedicato all’assaggio dei vini e che, spesso all’occorrenza, torna ad imbandirsi di pane, cacio e uova sode perché il vino “ha da accompagnare il cibo” come dice Staderini. E’ lui il vigneron, Federico Staderini, consulente enologo di molte aziende come si usa dire di questi tempi, qui a Cuna più semplicemente vigneron contadino, dai modi cortesi e pacati, il cui primo pensiero è portarti nella vigna più alta, podere Brendino.

Le vigne di Cuna Le vigne di Cuna

Lì, a 550 mt, dove c’è la giusta ariosità che permette di abbracciare con lo sguardo gran parte del Casentino, dalla torre del Castello di Poppi fino alla pieve di Romena e poi ancora su con lo sguardo ad incrociare la cima verde del Pratomagno.

Quassù, rinfrescati da una brezza lieve e ristoratrice, le nozioni di geologia, agronomia e viticoltura si fanno leggere e comprensibili, illustrate in modo pacato da questo vignaiolo profondamente consapevole del cammino percorso e della strada da fare per produrre un vino di assoluta qualità, per ottenere il quale poco importa se si ha da misurarsi con un’uva come le petit petit fin. Selezione massale di Pinot Noir borgognone, poco usata ormai anche in Oltralpe, per il suo essere piccina e poco incline a riprodursi;: bisogna quasi darle la caccia fra i filari per vederla, un grappolino qua…un grappolino là. Occorrono ben 4 viti per farne una bottiglia. Quanto sudore e fatica per arrivare più o meno alle 10.000 bottiglie prodotte in media ogni anno senza poi contare l’eterno e costante interrogativo del tempo meteorologico, tanto più ingombrante in tempo di vendemmia perché quassù la raccolta si protrae per almeno un mese per lasciare a tutti i grappoli il giusto tempo per maturare.
Ogni vino ha bisogno del suo tempo per esprimersi e non solo quando è in bottiglia, ma durante tutta la sua gestazione: nessuna forzatura sull’uva in vigna e il minimo stress necessario per il vino in cantina.

Cuna Cuna

Nella piccola cantina sull’aia, affidato alle sapienti mani di questo ragazzo di Campo di Marte che da ragazzo saliva in Casentino per aiutare un agricoltore e allevatore locale, scoprendo in questo modo cosa voler fare da grande, il capriccioso petit petit fin si trasforma e riposa nella sua cuna (culla) di barriques super usate per circa 20 mesi. E quando assaggi il vino così netto, così pulito ed elegante non riusciresti mai ad immaginare che sia frutto di un’uva tanto poco generosa, per quanto nobile, e del tanto sudore e fatica di chi le sta dietro. Senza dubbio fatiche e sacrifici sono ricompensati da un vino che riunisce in sé levità, eleganza, profondità e incisività, aspetti suoi peculiari ma che sono messi in risalto ora l’uno ora l’altro dagli andamenti stagionali delle singole vendemmie.

E le due annate assaggiate lo dimostrano ampiamente.

Cuna nel bicchiere Cuna nel bicchiere

Cuna 2015: rubino intenso se paragonato al fratellino di un anno più giovane.
Al primo impatto emerge deciso il frutto, ciliegia matura, a cui si uniscono eleganti note floreali di rosa. Con il tempo il vino si arricchisce di spunti balsamici, anice stellato, cuoio e sentori carnosi che attraggono inevitabilmente il naso nel bicchiere e…anche le labbra che attingono deliziate quel succo profondo, elegante e appagante.

Cuna 2016: figlio di un’annata benedetta, mostra un rubino più sottile e lucente. Il primo suo concedersi è un floreale inebriante di rosa a cui fanno eco non solo la ciliegia ma anche i rimandi più croccanti e aciduli del ribes. E poi una danza delicata di sentori balsamici, erbe aromatiche (si percepisce chiaramente il rosmarino) e in sottofondo note agrumate di arancia rossa. L’elegante sottigliezza del Pinot nero qui si fa ancora più marcata: il sorso scende rapido, profondo, fa sussultare il palato con la sua giovanile esuberanza. Una soavità delicata e impalpabile che lo rende ancora più attraente.


di Barbara Bonaccini


 

 




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