Un sintetico ma goloso reportage da Vienna della nostra collaboratrice Barbara Babi Tedde.
Le giuste indicazioni per bere e mangiare bene nella patria del Riesling.
I sondaggi parlano chiaro, è la città in cui si vive meglio nel mondo, ma anche quella dove il numero di autovetture è così elevato che metterle tutte in fila equivarrebbe ad un ‘cordone’ immaginario lungo fino a Gerusalemme. Vienna, città che invita alla tolleranza, alla discrezione, alla modernità. Nessun impatto sgradevole con le contaminazioni architettoniche, antico e moderno convivono armonicamente senza disturbare la vista; ad Erderb la Hundertwasserhaus ci appaga di colori, stimola fantasie di nordici racconti, mentre a Shonbrunn un castello così grande da non entrare negli occhi, riporta a cavalli e scene di caccia di una famiglia che fu: gli Asburgo. Un valzer perpetuo, una dinamicità sana e senza frenesie, una sensazione di movimento costante e mai invano.
Ovunque piacevoli odori di dolci e burro fuso, le strade sono ben progettate per accogliere e canalizzare i forti venti, così da spazzare via ogni emissione antropica inquinante. Restano il dolce, la vaniglia e il cioccolato della Sacher nel naso, ma nessun putrido gas di scarico.
La metro, i tram ed i numerosi parcheggi ad un buon prezzo giornaliero, consentono di spaziare per la città senza attese stressanti e passare da una parte all’altra dei numerosi quartieri (ventitré), col risultato di comodi e facili spostamenti. Nessuna cacofonia, vie gremite e compunte, locali pieni, dove parlare non richiede sforzo di corde vocali. Si va, si guarda, si entra nei negozi, nei musei, si cammina in strada e la neve che cade per qualche ora, rende ancor più entusiasmante l’atmosfera natalizia.
Elemento godereccio ed immancabile in un territorio straniero è la scelta di una location che soddisfi i patologici buongustai, coloro che danno un senso ad un pasto senza ricorrere a catene di junk food, ma preferiscono sedere un paio d’ore per rifocillare stomaco e spirito. La tappa da Plachutta è presto che detta: segnalato dalla guida Michelin, il ristorante detiene il primato per il Tafelspitz, il bollito più famoso al mondo, la tradizione viennese che non passa di moda; clientela variegata, dagli attori holliwoodiani, all’aristocrazia viennese, ai ragazzi con lo smartphone in mano che attendono il tavolo, il bollito di Plachutta non risparmia il palato di nessuno. Il Tafelspitz è quel piatto che aspetti con curiosità, e solo la presentazione nei pentolini tirati a lucido di rame già ti fa stare bene. Il manzo bollito che viene servito è il taglio di carne corrispondente al nostro girello, da cui viene tagliata una bella fetta a porzione, immersa in un meraviglioso brodo caldo, con carota e sedano rapa. Ogni commensale è dotato di istruzioni per l’uso, una piccola brochure dove vengono spiegati i passaggi da fare per gustarlo al meglio.
Prima il bouillon, servito in una tazza da consommé, dove l’erba cipollina tagliata al momento appare in superficie. Un liquido pulito, senza grassi evidenti e con gradevoli pezzi di verdure, fanno del bouillon un delicato incremento a smorzare la fame, ma paradossalmente anche ad aprire stomaci e menti più restie all’appetito. Il secondo passaggio prevede l’adagiare la fetta di carne nel piatto e, per chi lo desidera, anche il midollo. Il tutto accompagnato da pane nero doverosamente tostato e cosparso di burro.
Le salse di purea di mele con il cren (radice chiamata rafano o barbaforte, dal sapore incisivo che fa lacrimare se non usato con cautela), la salsa maionese e senape con erba cipollina accompagnano la carne rendendola burrosa in bocca ed anche meno ‘asettica’. I contorni sono rigorosi: patate bollite prezzolate e condite con un velo di burro fuso, poi gli spinaci quasi frullati e saltati in padella con aglio e burro, ma la tentazione delle patate rostì è tanta e le aggiungo alla lista già ricca. Sul tavolo sembra di tornare bambini, quei pentolini ricordano i giochi con le bambole ed è già un’emozione visiva che fa star bene.
Deliziose sensazioni di morbidezza e dolcezza non richiedono altro che un vino di Vienna, un gemischtern saltz, un bland gruner veltiner, chardonnay, riesling, tipico della zona, dal carattere tagliente per acidità e sapidità, a cui il nome salz non è dato a caso. Il vino si presenta giallo verdolino e l’etichetta ne fa un po’ pendant; qui le uve il sole lo vedono poco, ed i vigneti si trovano alle porte della città, ma la sferzante sensazione olfattiva agrumata e di mela verde non perplimono chi già conosce i vini di queste parti. In bocca una sapidità che da quasi una sensazione petillant, poi tanta freschezza; il connubio col piatto è perfetto. Si evita il dolce, si prende un caffè espresso che non delude. Prossima tappa Graz con i suoi Cordon Bleu rivisitati.