ACETO BALSAMICO DI MODENA GIUSTI L’ACETAIA PIU’ ANTICA AL MONDO
A tutti sarà capitato di lasciare una bottiglia di vino aperta troppo a lungo ed assaggiandolo dopo qualche giorno aver notato il sapore poco piacevole, ben distante da quello che le nostre papille gustative avevano memorizzato.
È quindi risaputo che, andando a male, il vino sprigiona non solo la sua parte alcolica, ma anche e soprattutto quella acetica, diventando praticamente imbevibile.
Eppure, sebbene tutto ciò si riveli disastroso per il vino, è possibile raggiungere un gradevole risultato incoraggiando tale reazione tramite l’aggiunta di ossigeno, grazie al quale si concretizza l’idea di mosto cotto che, nella tradizione modenese, diventa un vero e proprio condimento.
Una storia lunga e affascinante, risalente agli Egizi ed in seguito ai Romani, e che trova a Modena una tradizione che si tramanda da secoli.
Stiamo parlando proprio dell’Aceto Balsamico, un ingrediente conosciuto da tutti ma approfondito da pochi esperti, tra i quali spiccano i componenti della celebre Acetaia Giusti di Modena che dal 1605, generazione dopo generazione, si dedica ad affinare le tecniche di invecchiamento e di maturazione dell’aceto balsamico.
Così, durante un delizioso pranzo presso la Trattoria Da Burde a Firenze, Claudio Stefani Giusti in persona ci ha brillantemente illuminati sulla storia del balsamico (così chiamato fin dal Settecento, proprio per i suoi benefici contro le nausee; infatti, nelle corti estensi lo somministravano alle donne incinte e ai malati di tubercolosi) e sui possibili abbinamenti con piatti tipicamente toscani che, contro ogni previsione o pregiudizio, in molti casi vengono valorizzati.
Iniziamo con il classico dei classici, il crostino di fegatini, che stavolta, però, presenta nell’impasto l’aggiunta della parte più estrema dell’Aceto Balsamico Tradizionale dal gusto tipico di mosto cotto, che accentua il contrasto tra l’acidulo del cappero e la dolce sfumatura di vinsanto, spostando l’equilibrio del piatto verso il risalto di ogni sapore. In abbinamento, invece che il solito vinsanto secco, si versa nel calice un Vermentino della Val di Cornia che, per la sua sapidità, regala una sensazione di pulizia grazie anche alla nota tropicale che si sposa alla perfezione con la dolcezza finale del boccone.
Segue un altro tipico piatto fiorentino: l’insalata di trippa scottata con sottaceti e priva di ulteriori condimenti, così da eliminare la parte grassa data dall’olio, in modo da risaltare quella agrodolce del balsamico introdotto a crudo. Per non intaccare la freschezza del piatto, gli aceti più indicati risultano il Condimento Agrodolce Bianco – preparato a base di mosto d’uva e aceto – deliziosamente agrumato e l’Aceto Balsamico IGP due medaglie, meno strutturato e più fresco.
La questione delle medaglie merita un breve approfondimento: l’Acetaia Giusti ha scelto di indicare il livello di invecchiamento dei loro prodotti disegnando delle medaglie sulle etichette; queste – pur non rappresentando un metodo certificato - vanno da due a cinque e, ovviamente, più aumentano e più aumenterà l’intensità del balsamico a conferma del suo invecchiamento in pregiate ed antiche barrique.
Anche sulla finocchiona in forno – grazie Paolo Gori per averci deliziato anche di questo semplice e stupenda scoperta - il due medaglie accompagna il piatto verso un equilibrio definitivo, poiché non sprigiona l’effetto dolcino che si raggiunge con il tre medaglie – sebbene anch’esso non stoni al palato.
Le irresistibili polpette di carne impanate lasciano poco spazio all’immaginazione, vista la loro bontà; eppure, l’Aceto Balsamico IGP cinque medaglie – sicuramente molto acido ma non eccessivo – ne risalta la potenza evocativa senza afflosciarne la croccantezza.
Anche sui primi piatti l’esperimento è sicuramente riuscito. La pappa al pomodoro, confortevole d’inverno quanto d’estate se gustata fredda, dà il suo massimo con l’aggiunta del tre medaglie.
Una scoperta sconcertante per i toscani – un goccio di aceto di vino sui pomodori conditi dai nostri nonni è cosa, purtroppo, ormai dimenticata -;un sorprendente gusto che invece regala un azzardo di dolcezza inaspettatamente gradevole. Per assurdo, il due medaglie pare fin troppo leggero e l’Aceto Balsamico Tradizionale prevedibilmente un po’ amaro. Ma ecco che l’accoppiamento vincente si scopre: la buonissima zuppa di farro e fagioli non lascia alcun dubbio sulla sua compatibilità con il balsamico. Dal due medaglie al cinque, nessuno escluso, impreziosiscono il piatto con quel “non so cosa” che mancava, ma, sicuramente, l’Aceto Balsamico IGP quattro medaglie determina il successo indiscusso della zuppa.
I secondi si aprono con la delicatissima lingua bollita che stavolta, contro la tradizione e le aspettative più radicate, non viene servita con la tipica salsa verde, bensì con l’aceto balsamico che, circondato dall’incredulità generale, si rivela una valida alternativa, sebbene vada scelto con cura; infatti, è necessario individuare la giusta via di mezzo per far sì che il sapore della lingua non venga sovrastato. Dal momento che persino il tre medaglie risulta troppo acido e che il cinque, esageratamente amplificato, quello che supera brillantemente la prova è ancora il quattro medaglie, che grazie alla nota dolce riesce a far risaltare la lingua. Quasi per logica conseguenza, anche il lampredotto si sposa con il quarto balsamico, pur riservando un ruolo di rilievo anche per il tre medaglie, che garantisce un ottimo effetto, anche se meno “sofisticato”. La stessa dinamica di contrasti e variazioni gustative avviene con lo stracotto ad elevare notevolmente le sue qualità. Anche il peposo stupisce le nostre abitudini culinarie, facendo emergere – come era accaduto con l’acidità della pappa al pomodoro – l’adattabilità dell’Aceto Balsamico - l’oro nero di Modena - alla carne cotta nel vino rosso, che, sia col cinque che con il due medaglie, dona al piatto una curiosa acidità balsamica.
L’Acetaia Giusti, con in suoi quattrocento anni di storia, continua a meravigliarci con un Agrodolce allo Zenzero da allungare con l’acqua: a fine pasto è un toccasana inaspettato che pervade la bocca di delicata freschezza e pulizia, poiché lo zenzero non risulta affatto aggressivo né estremamente agro – se non all’inizio del sorso, ma comunque piacevolissimo -; anzi, tende ad una leggera dolcezza zuccherina che prepara il palato al dessert.
Senza dubbio il piatto che ha stupito, questa zuppa inglese che con la dolcezza acidula del quattro medaglie si eleva ad un altissimo livello, proprio perché l’Aceto Balsamico riesce ad andare d’accordo non solo con crema e cioccolato, ma anche con il litigioso alchermes.
Non è mancato il Vermouth a base lambrusco e con 19 botaniche che viene maturato in barrique del Gran Deposito Giuseppe Giusti, ottimo finale per incentivare lo stimolo a visitare l’azienda ed il Museo della famiglia Giusti dedicato a tutti i segreti sull’Aceto Balsamico di Modena.
Testo e foto di Gaia Bardelli e Barbara Babi Tedde