Face-off il vino con l'identità senza un volto

Face-off Il vino con l’identità senza un volto


Un vino dal giallo paglierino un po’ scarico ma brillante che riflette i colori dell’arcobaleno nel calice; sono i raggi del sole che lo attraversano al tramonto, ancora forti e caldi in questo fine luglio, di un anno palindromo, bizzarro ed allo stesso tempo ricco di belle sorprese, che donano una luce quasi accecante. Finestroni listati in legno, un camino in marmo, soffitti altissimi con un enorme ficus al lato della sala ed un’aria fresca, seppur condizionata, mi mettono in salvo dalle temperature ancora troppo accese del meraviglioso giardino che circonda la villa. C’è una storia dentro quel calice, una di quelle che non pensavi di ascoltare mai nella vita: due giovani, poco più che ventenni, ai quali non è stato consentito scegliere; da una parte, vittime di quelle prevaricazioni umane ramificate da secoli e dettate dalla fame di potere, violente e feroci, contro le quali l’idea di alzare la testa è totalmente da accantonare. Dall’altra, volenterosi di uscire e farsi conoscere, muovendosi nel mondo enologico, un mondo nuovo per loro, produttori di olio da generazioni. Forse è proprio grazie allo spirito di conservazione umano, così forte, inarrendevole, duttile al punto di reincarnarsi in qualcun altro, sradicandosi e reimpiantandosi in luoghi lontani dalla propria terra, che sono stati spinti a produrre vino. E non è un caso che l’azienda “E’ Jamù” – che significa “Forza, andiamo!” in dialetto calabrese – produca “Parresia” con il Manzoni in purezza (incrocio Manzoni), vitigno che trova un buono spazio e si introduce inaspettatamente nel Valdarno, territorio toscano dove la malvasia bianca lunga ha fatto a e fa da sempre da padrona.


Parresia

Il calice è ancora fresco, e quel tappo, tolto da pochi secondi, ancora odora di pane, così come la sensazione al primo impatto del naso dentro al bicchiere; dapprima, uno spazio olfattivo di frutti tropicali e pesca bianca, poi, muovendo il calice, una freschezza di pompelmo e lime, trova un posto in prima linea. In bocca l’avvolgenza non si pospone alla freschezza, così da ripercorrere le sensazioni agrumate prorompenti. Sopraggiunge una macchia mediterranea di rosmarino e mentuccia, un buon corpo ed una semplicità gustosa che invita a riempire nuovamente il bicchiere; quest’ultima è affiancata da una lunghezza palatale sopra le aspettative, ma che non pecca di sobrietà. Aperitivo in un fresco pergolato, oppure in riva al mare, in buona compagnia di un pesce cotto al sale, ma anche di salumi e formaggi freschi e crostini di pane tostato con burro aromatizzato. Un IGT che, in termini stilistici, potrei definire elegante senza impegno.

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