GRADIS’ CIUTTA – I VINI DI CONFINE
Sono incontri particolari quelli da Burde, danno la sensazione di stare in salotti di secoli passati, dove qualcuno, forse in quel tempo, trovava spunto per scrivere una poesia, un romanzo su amori impossibili, un discorso politico.
Una bolla dorata la saletta di Burde, così estranea ai rumori dei tavoli di una adiacente sala gremita, ai motori roboanti per l’aeroporto nelle vicinanze e dove la mente trova un po’ di spazio alla piacevolezza, al godere di attimi gustosi senza il bisogno di capire per forza ciò che accade e ci circonda là fuori. Uno spazio temporale inesistente in una dimensione perfetta, dove corpo e mente si distaccano e si adagiano su momenti leggeri, impreziositi dal profumo di una cucina di casa.
Ed è proprio qui da Burde che si presenta Robert Princic con i suoi vini Gradis’ Ciutta, azienda a San Floriano del Collio, regione che viene identificata per lo più con gli autoctoni ribolla gialla e friulano. Siamo ovviamente in Friuli Venezia Giulia, una storia che risale al 1780 quella dei Princic di cui Robert, figlio di Isidoro e Ivanka, laureato in enologia non si perita a stravolgere il destino di questa terra di confine. Robert Pincic cerca la perfezione, guarda più in alto, così da rompere la catena dalla mezzadrìa della famiglia Princic, al fine di dare onore al duro lavoro della sua famiglia. Ed è a GradIs’Ciutta, una collina originariamente chiamata Monsvini (il monte del vino), dove Robert Princic nel 2015 acquista un rustico: da qui il nome per i suoi vini.
Robert sa guardare avanti, ci tiene a rispettare l’ambiente: così converte l’azienda da tradizionale a biologica, a migliorare e a comunicare indefessamente la sua terra e la sua storia attraverso parole chiare. Ed è con determinazione che gira l’italia per raccontare la realtà di Gradis’Ciutta e della sua vita, come fossero la stessa cosa; si ascolta anche attraverso gli assaggi, quei bei bianchi alti, biondi e con gli occhi azzurri – concedetemi una piccola licenza poetica -, perché, come dice Robert di sé, sorridendo, “sono il più bello dei Princic: alto, biondo e con gli occhi azzurri”. Questa, per Robert, è una rappresentazione di eleganza e finezza, di perfezione che verrà confermata anche a livello sensoriale in ogni assaggio.
Un tromp d’oeil architettato per la degustazione ha fatto sì che il fegatello come antipasto ci desse la scossa di abbinamenti desueti. Il suddetto fegatello su pan carrè, accompagnato da un prosciutto crudo toscano, a cui sono seguiti la farinata di cavolo nero, i pici al ragù di cinta e la scottiglia, trovano nei bianchi del Collio abbinamenti possibili e inaspettati; ma Paolo Gori, attraverso la sua cucina, è riuscito a bilanciare le saporite irruenze toscane, regolando di sale e di spezie le pietanze, così che non dessero troppo fastidio agli assaggi dei vini bianchi di Gradis’Ciutta.
Significativa ogni etichetta, bottiglie leggere dalla forma vagamente angolata; gli assaggi hanno dato tutti una bella impronta di frutti tropicali e agrumati, a partire dalla Malvasia (istriana) Doc collio 2020, il Pinot Grigio Doc Collio 2020 che mostra una lievissima ramatura nel colore e la sua morbida avvolgenza di bocca, arricchita anche da pera e pesca mature; il Friulano Doc Collio 2020 con profumo di mela gialla un gusto elegante e dalle decise note minerali; la Ribolla Gialla Doc Collio 2020 che si identifica con sentori floreali e ricchezza gustativa, distaccandosi dai cliché per quella sapidità non irruenta. Gli assaggi procedono con un vino le cui vigne sono nella Brda, il Rebula - nome sloveno per la ribolla gialla – fermentato in parte in acciaio ed in parte in legno, che tira fuori tratti somatici ben definiti, fatti di un bianco di color oro tirato a lucido ed un naso complesso ed intenso di aromi di agrume in scorzette, di nocciola, di zafferanno, che portano alla bocca i medesimi gusti con lunghezza dal caratteristico finale minerale.
Si termina con il Collio Riserva 2016 un bland di soli autoctoni: iribolla gialla, malvasia istriana e friulano in vendemmia tardiva con fermentazioni prima in acciaio e la seconda in botti di legno di rovere francese e di slavonia per restare in bottiglia a riposare diversi mesi. Un vino che non teme la solitudine per la sua bella complessità gustolfattiva, ricca di frutti bianchi maturi e spezie dolci. Un autentico dulcis in fundo.