NESOS – quel giorno che sembra lontano 2500 anni

Un’apnea che neanche Maiorca avrebbe saputo tenere, ma l’onda arriva e basta, e devi starci dentro ed essere resiliente (aggettivo che detesto, lo ammetto, forse perché inflazionato).


Una natura prepotente che dannatamente si scatena all’improvviso, e da quel mare apparentemente calmo, dentro il quale mi sbracciavo e sgambettavo attraversando le acque dalle varie sfumature di verde fino ad arrivare al blu più profondo, ecco che una corrente improvvisa mi porta su una cresta alta come un primo piano e dalla quale vedo la spiaggia lontana e deserta, in questo caldo ed insolito novembre. Non riesco a cavalcarla e mi ci trovo dentro, non vedo più la spiaggia ma una schiuma bianca, poi la testa che si capovolge, mi sembra di avere le gambe da un’altra parte, la corrente è potente e trattengo il respiro, poi lo mollo e di nuovo trattengo. La corsa veloce non rallenta ma si allunga, trascinandomi in una poltiglia di acqua e di sabbia. Mi trovo come una balena spiaggiata, sfiancata da quei pochi secondi che sembravano ore, ma poi sorrido, in fondo è stato anche divertente prendere un cavallone, e guardo il mare che insiste a recuperare forze e a farsi sempre più irruento. Ho il sapore in bocca di un ecosistema marino, il respiro ansimante, del resto, ho buttato giù una bella gozzata di acqua.

Mai visto un mare così a Roccamare, mai sentito fino in fondo il suo sapore che continua ad investirmi il palato. Guardo di lato, ad Ovest, sdraiata sulla spiaggia con i gomiti che sorreggono la testa ed il busto, e vedo l’Elba come fosse ad un passo da me, ed ecco un ricordo improvviso su quel giorno di un anno e mezzo fa. Mi sembra passato un secolo.

Quel giorno era il 15 frebbraio 2020 ed ero alla Fortezza da Basso in occasione della Primanteprima, un red carpet enologico a cadenza annuale, uno spettacolo irrinunciabile per gli appassionati di vino; lo ricordo bene per una serie di eventi che coincisero con armonia e piacevolezza del tutto inaspettate, tra i quali la presentazione del Nesos di Antonio Arrighi, un esperimento enologico dalla storia sorprendente. Antonio Arrighi ha gli occhi vivi, un fisico atletico, vive all’isola d’Elba da sempre, ama la natura e produce vino da quattro generazioni. Ed i vini da lui prodotti sono come una poesia. Stavolta è qualcosa di più.

Vino Nesos di Arrighi nel calice

Nesos è il vino. Ma proprio quello con la vu maiuscola perché unico, al momento non acquistabile, originale, frutto di studi e di sperimentazione, e, pertanto, affascinante ed intrigante. Nesos (dal greco – isola-) è il vino senza uno spazio temporale, una concentrazione di emozioni che vanno oltre le parole. La pagina del mio taccuino, durante la degustazione, è rimasta in bianco, non ho pensato a scrivere, ma a godere di un momento tutto per me. Ascoltando Antonio Arrighi durante la presentazione, andavo con la mente in mezzo ad una vigna che vedeva il mare, su un’isola ricca di cespugli di mirto, rosmarino e ginepro ed un vento costante che ne portava i profumi. Il Nesos è fatto di ansonica, quel vitigno autoctono dell’Elba, le cui uve, raccolte a mano, sono poi adagiate in ceste e calate in mare; farsi coccolare dall’acqua salata per qualche giorno avrà lo scopo di togliere la pruina (sostanza biancastra che si ferma sulle bucce di alcuni frutti), al fine di permettere un appassimento al sole sui graticci, mantenendo integre le caratteristiche del vitigno. Un processo osmotico (ovvero, un flusso di scambio fra due liquidi) ha fatto sì che gli acini acquisissero dal mare gli elementi antiossidanti e disinfettanti, così che il passaggio per la vinificazione – dopo preventivo appassimento delle uve – si svolga in anfore di terracotta, senza aggiunta di solfiti. Il mare, in quanto conservante naturale, tramanda una vinificazione antica di 2500 anni, avvenuta grazie all’idea di Antonio Arrighi e seguita dall’Università di Pisa e dal Professor Attilio Scienza. Nesos è stato il vino protagonista di questa giornata; vino su cui sono stati scritti articoli, fatti servizi sui canali RAI, fino ad un cortometraggio cinematografico. Un onore per me: un posto ad un tavolo di assaggio a cui non avrei pensato di arrivare. Ed ecco che ho davanti il calice privo di impurità, limpido di un bel giallo intenso (e pensare che non è filtrato e non ci sono solfiti!); ricordo un dolce profumo di agrume, erbe aromatiche mediterranee, ostrica e iodio. Il sorso è fresco, pulito ed elegante, non prevale il salino, poiché ben bilanciato dalla freschezza di un frutto sfuggente ma deciso. Un vino evocativo ed emozionante, la cui produzione è stata di sole 40 bottiglie.

Un immenso grazie ad Antonio Arrighi (insieme alle mie scuse per il ritardo…) per avermi fatto vivere questa esperienza memorabile.

 

Barbara Tedde

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